“A spasso con Sora Morte” è molto più di un memoir di malattia: è il resoconto vibrante di una battaglia fisica, morale e spirituale combattuta a mani nude contro la morte e contro un sistema spesso indifferente alla fragilità umana. Antonio Pettinato, con uno stile schietto e al tempo stesso carico di ironia, racconta la sua personale discesa agli inferi iniziata nel momento in cui la diagnosi di un tumore al cervello ha stravolto la sua vita. La narrazione si apre con la descrizione del protagonista come un uomo comune, profondamente innamorato della propria quotidianità e della nuova esistenza costruita lontano dalla Calabria, terra natale segnata da mafia, corruzione e clientelismi di cui Pettinato non tace né attenua i contorni. Ma proprio quando la normalità sembra finalmente raggiunta, la malattia piomba improvvisa, costringendolo a fare i conti con la paura ancestrale della morte. “Sora Morte” diventa così compagna di strada, presenza costante con cui imparare a convivere. Il racconto si intreccia a frequenti flashback: ricordi di un passato da giovane preside nella Calabria dei giochi di potere, dei favori scolastici e degli esami di maturità pilotati sotto l’occhio vigile di preti-padroni e uomini di mafia. Pettinato non risparmia dettagli né ipocrisie: mostra quanto il coraggio individuale possa diventare resistenza civile anche in contesti di violenza sotterranea e di diffusa omertà. Accanto a lui, in ogni pagina, c’è Rosetta: moglie, amante, amica, custode delle sue speranze e del suo corpo martoriato. La figura di Rosetta, archetipo di un amore maturo e incrollabile, emerge come vera eroina silenziosa: senza di lei, l’autore stesso ammette che non avrebbe avuto la forza di rialzarsi dopo gli interventi chirurgici, le ricadute, la lunga convalescenza e la lenta, faticosa risalita verso una nuova normalità. Oltre al racconto della lotta medica, Pettinato riflette sull’organizzazione ospedaliera italiana, che descrive senza filtri come un sistema ancora intriso di regole “da caserma”, lontano dall’umanità che un paziente gravemente malato avrebbe diritto di trovare. Il libro diventa allora anche un atto d’accusa e, insieme, un manifesto per ripensare il rapporto tra chi cura e chi è curato. Tuttavia, il cuore del libro è altrove: nella convinzione che la sofferenza estrema possa avere una funzione catartica, svelando la vera essenza delle persone. Pettinato, infatti, non si proclama vincitore del cancro, ma piuttosto racconta di averlo “domato”, di averne estratto lezioni di umanità, umiltà e distacco dalle false priorità. Ne emerge un messaggio universale: la vita è fragile, ma se vissuta con amore, dedizione e verità, può essere più forte di ogni diagnosi. “A spasso con Sora Morte” è quindi un atto di testimonianza, un grido di ribellione, ma anche una carezza per chi combatte battaglie simili. È un invito a non temere la morte, ma a camminarle accanto, senza piegare la testa, con la fierezza di chi non rinuncia mai a vivere davvero.